Del tweet del senatore Elio Lannutti con il richiamo degli infami Protocolli dei savi di Sion (un falso creato a fine ‘800 dalla polizia zarista che parla di una cospirazione ebraica per conquistare il mondo) si è detto e scritto molto nelle ultime 48 ore. Un’ondata di critiche da ogni parte della società civile ha costretto il leader politico del M5S, Luigi Di Maio, a prendere le distanze “dalle parole” del proprio senatore e l’autore dell’improvvido post a fare retromarcia sia pure in modo inadeguato.
Le affermazioni a propria discolpa appaiono più di maniera che di sostanza (“pubblicare un articolo sui social non vuol dire condividerne il contenuto”), e sono state smentite da alcuni commentatori che hanno rilevato come il testo di accompagnamento al link fosse stato inserito dallo stesso Lannutti, e sono comunque palesemente inappropriate alla gravità dell’accaduto.
C’è anche la consueta frase di circostanza (“io non sono antisemita”), come se ci fosse una patente di antisemitismo. Ciò che conta sono i fatti e Lannutti (che già si era distinto per avere avallato fantomatiche teorie cospirazioniste in odore di complotto giudo-pluto-massonico da Soros a Goldman Sachs, passando per il Corriere della Sera) è responsabile della diffusione di un testo tristemente utilizzato da oltre un secolo per aizzare l’odio e giustificare pogrom e persecuzioni contro gli ebrei.
La gravità dell’evento risiede nel fatto che il post non proviene da uno dei tanti troll che operano sulla rete, ma da un uomo delle istituzioni. Lannutti è un autorevole senatore, non uno dei tanti peones: il suo peso politico è dimostrato dalle attenzioni che gli sono state riservate nel passato e anche dalla cautela con cui gli sono state mosse critiche.
È tuttavia ormai chiaro a tutti che, nonostante le plurime richieste di espulsione dal gruppo M5S, necessarie per dare un segnale che simili commenti non sono tollerabili, l’incidente verrà insabbiato dai dirigenti del suo partito.
Per esempio, come ha riferito Luciano Capone, il giorno dopo il lancio del tweet, con lo scandalo su tutte le prime pagine, la presidente della Commissione Bilancio della Camera, la grillina Carla Ruocco, lo ha pubblicamente elogiato (“Elio è immenso”).
In altre occasioni ha definito Mattarella “padrino” e Draghi “criminale seriale”. Non si può fare finta di nulla e lasciar cadere in oblio questo gravissimo fatto come se nulla fosse accaduto. Come insegna la senatrice Liliana Segre, l’indifferenza uccide. Eppure, se non ci sarà una risposta forte, vorrà dire che il nostro paese considera accettabile, forse addirittura normale, che una superstite della Shoah sieda fianco a fianco di chi evoca le velenose falsità alla base della sua stessa persecuzione. E allora?
Innanzitutto sarebbe utile evocare questo increscioso episodio nelle commemorazioni che si svolgeranno domenica per la Giornata della Memoria, ricordando che la violenza (per ora solo verbale) è ancora attuale.
Non vengano invitati, per spargere lacrime di coccodrillo e farsi belli nei pubblici comizi, coloro che si sono rifiutati di prendere delle misure sanzionatorie con ciò mostrando nei fatti la (non) presa di distanza da Lannutti. Inoltre, così come l’allora Presidente dell’Austria Kurt Waldheim fu dichiarato persona non grata in molti Stati a seguito delle rivelazioni sul suo passato nella Wermacht, analoghi comportamenti possono assumersi nei confronti del senatore Lannutti in modo da isolarlo politicamente rispetto al resto delle istituzioni ed evitarlo nelle situazioni pubbliche.
Per certi versi, la situazione in cui ci troviamo è infatti ancora peggiore: ad anni di distanza un uomo può pentirsi delle atrocità commesse in precedenza. Ma Lannutti non viene accusato di aver detto o fatto qualcosa in un lontano passato. Un’ininterrotta serie di tweet, post su Facebook e dichiarazioni pubbliche prova quanto egli sia apertamente e profondamente convinto delle peggiori teorie cospiratorie che evidentemente riconducono a una comune matrice ebraica.
Il caso in questione non riguarda una vittima ignara di qualche “cattivo maestro”. Guardando anche alla sua lunga carriera – è già stato parlamentare in una precedente legislatura, e da anni imperversa sui media – il senatore è semmai egli stesso un cattivo maestro.
Ed è importante che la società civile dimostri, con la propria reazione, che c’è una linea da non oltrepassare mai, perché farlo significa mettere in discussione il fondamento stesso del nostro essere comunità. Evocare uno dei testi su cui da oltre un secolo si è alimentato il più bieco antisemitismo vuol dire, per l’appunto, oltrepassare questi limiti.
Di questi tempi, il vero rischio – prima che di violenze fisiche – è di comportamenti che incitano all’odio verso il prossimo, nella ricerca incessante di un nemico o di un capro espiatorio, nella costruzione di una narrazione aggressiva che attribuisce a un gruppo o a una caratteristica (l’etnia, la religione, le preferenze sessuali) l’origine di tutti i mali.
Per questo è giusto che chi viene meno ai principi di base della convivenza civile – soprattutto coloro che per il ruolo che ricoprono dovrebbero essere d’esempio agli altri – paghi, anche se solo simbolicamente, con la perdita dello status o con l’ostracismo. C’è un principio di responsabilità. Tolleranza zero.
Alberto Saravalle e Carlo Stagnaro