La campagna elettorale continua a trascurare temi strategici per il nostro paese: cultura, arte e turismo. Si tratta di una lacuna grave, sottolineata nell’editoriale apparso oggi sul Corriere della Sera a firma di Gian Antonio Stella. Fare per Fermare il Declino ha da tempo dedicato al tema un gruppo di lavoro di cui faccio parte: abbiamo elaborato quattro linee di intervento e, come sempre, molte proposte concrete.
Domani dovrebbero uscire nel supplemento domenicale del Sole 24 Ore anche alcune nostre risposte a quesiti in tema di ricerca, istruzione e valorizzazione del patrimonio storico-culturale e paesaggistico che sono stati posti ai partiti che si presentano alle elezioni.
In generale, è fin troppo evidente la necessità di investire seriamente in questo comparto, anche per riportare il Paese in un percorso virtuoso di crescita economica. Finora il patrimonio artistico e culturale è stato, invece, solo oggetto di “tagli” lineari, e gli investimenti si sono ridotti allo 0,19% del PIL. Siamo perfettamente consapevoli che, senza una politica pubblica per la cultura, il patrimonio artistico e il turismo, l’Italia finirà marginalizzata anche in un ambito nel quale, invece, avrebbe importanti carte da giocare. Ecco alcune possibili linee d’intervento per un rilancio del settore:
A) Favorire l’apporto dei privati non solo in termini economici, ma anche in termini di know-how e di coinvolgimento effettivo nelle strategie di lungo termine del settore.
B) Costruire un modello competitivo a livello globale, ma rispettoso delle specificità tutte italiane del settore. L’Italia infatti, è una realtà unica al mondo, e non a caso si parla di noi in termini di “museo diffuso”.
C) Recuperare efficienza nella gestione della spesa pubblica, anche nell’ampio ambito dell’economia della cultura.
D) Iniziare a porre le basi per un cambiamento profondo di mentalità, cominciando dal mondo della scuola, della formazione, dell’informazione e della comunicazione, da coinvolgere attivamente nel percorso di recupero del ruolo fondamentale della cultura e delle arti, complessivamente intese, nella nostra economia.
In concreto, questi sono alcuni degli interventi possibili:
1) modificare le inefficienze della disciplina italiana che sovrintende all’entrata e all’uscita (definitiva e non) degli oggetti d’arte dal nostro Paese. La disciplina, per come è attualmente congegnata, ritaglia per il nostro sistema dell’arte, e per gli scambi con i musei di altri Paesi, un ruolo poco competitivo, che genera legittima diffidenza negli operatori professionali stranieri.
2) modificare la normativa in materia di visto, i regimi fiscali, rimuovere gli ostacoli procedurali e amministrativi per promuovere la mobilità degli artisti e degli operatori culturali e la circolazione delle opere d’arte a beneficio del pubblico internazionale. Avviare convenzioni tra istituzioni culturali, musei e gallerie d’arte e altri operatori del settore a livello internazionale. Creare nuovi sistemi che agevolino e non ostacolino i prestiti di opere d’arte e dei beni culturali anche di lunga durata in cambio (anche) di attività di restauro, oltre che espositive, a carico dell’ente ricevente;
3) avviare sinergie tra istruzione e cultura e tra istruzione-cultura e impresa, riscrivendo le regole nazionali per l’educazione artistica e culturale e promuovendo la riforma delle Accademie di Belle Arti, pubbliche e private. Stringere alleanze con il settore privato che sostiene l’istruzione attraverso la promozione di progetti mirati volti a creare “prodotti artistici” collocabili sul mercato. Realizzare residenze per artisti e curatori anche ad opera di fondazioni private e centri di studio e di ricerca per la formazione artistica;
4) modificare la tassazione sulle compravendite di opere d’arte, portandola più vicina a quella europea (quest’ultima, per intenderci, ha una media del 6-7%, contro ormai il 21% di quella italiana) e la tassazione sugli artisti, che pagano il 20% di ritenuta d’acconto e il 10% di IVA e, per l’acquisto dei materiali il 21%;
5) incentivare l’acquisto di opere d’arte da parte di privati e imprese attraverso provvedimenti come il credito d’imposta, la donazione di opere d’arte da parte di privati e le sponsorizzazioni culturali attraverso la riforma delle politiche fiscali;
6) intervenire sulla normativa che regola lo status sociale e giuridico dell’artista come lavoratore autonomo, con una specifica tutela che ne disciplini la promozione e non la tassazione, e con efficienti sistemi previdenziali e di gestione dei diritti attraverso la sostanziale riforma dell’attività, gestione e governance della SIAE e dell’IMAIE;
7) intervenire sulle altre discipline che, per come sono state congegnate o (se di matrice europea) recepite in Italia, hanno già dimostrato di non essere efficaci e di rendere poco competitivo il settore. Solo per citare alcuni esempi: (i) la disciplina del diritto di seguito – da rivedere l’applicazione della normativa da parte della SIAE, promuovendo la formazione continua dei funzionari per un’efficiente applicazione del diritto di seguito, anche alla luce della effettiva comprensione da parte della società di gestione dei diritti delle modalità operative e delle dinamiche del mercato dell’arte (vedi anche sopra sulla riforma dell’ente). Uniformare l’applicazione della normativa SIAE a quella delle consorelle SIAE nel resto d’Europa; (ii) la normativa antiriciclaggio, là dove detta misure più puntuali per il mercato dell’arte: anche i più recenti fatti di cronaca ne evidenziato l’inefficacia; (iii) la fiscalità complessiva di settore, che non agevola il mecenatismo diffuso dei privati o le donazioni di collezioni da parte dei medesimi. E molto altro ancora;
8) avviare politiche di supporto istituzionale dei nostri giovani artisti all’estero (finora il loro successo, e con questo il successo dell’arte contemporanea italiana nel mondo, è stato più o meno lasciato alle capacità dei medesimi di crearsi uno spazio, coltivando le giuste relazioni, nel c.d. sistema dell’arte). Avviare politiche istituzionali di supporto e di sensibilizzazione (a partire dalla scuola primaria e secondaria fino alla formazione accademica) verso tutte le espressioni delle arti più contemporanee;
9) puntare sull’alta formazione professionale degli operatori culturali, dei direttori dei musei e delle istituzioni culturali, prevedendo che i bandi di concorso per l’accesso alla professione nei musei, nelle biblioteche, negli archivi richiedano una qualifica specialistica con competenze non solo umanistiche ma anche giuridiche ed economiche, e almeno il conseguimento di un master in gestione, valorizzazione e promozione di beni ed eventi culturali;
10) lavorare sulle infrastrutture di accesso ai luoghi e ai siti della cultura, anche tramite l’apporto dei privati, implementando così i modelli più virtuosi di partnership pubblico-privato (come il project financing);
11) garantire l’accesso alla cultura da parte del pubblico anche tramite progetti di digitalizzazione del patrimonio culturale, in linea con le politiche dell’Unione europea (si veda Europeana) e dell’UNESCO;
12) promuovere best practices e codici di condotta per i musei pubblici, in linea con quanto realizzato all’estero: regolamenti interni, adozione delle carte dei servizi museali. Istituire reti di musei civici e nazionali, per fare in modo che il sistema sia organizzato a livello nazionale e non solo nell’ambito di episodiche esperienze regionali;
13) incentivare il dialogo internazionale e promuovere la sottoscrizione di accordi bilaterali di cooperazione tra lo Stato e gli Stati esteri per la restituzione dei beni culturali, in osservanza delle Convenzioni UNESCO; combattere più efficacemente il commercio illecito di opere d’arte e dei beni culturali;
14) incentivare, anche attraverso la riforma della disciplina e della durata delle concessioni, l’ingresso stabile nel tempo di capitali privati in progetti strategici, e di lungo periodo, per l’arte e la cultura del Paese, nei quali il privato sia partner effettivo del settore della cultura ;
15 ) riformare il sistema dell’affidamento dei servizi aggiuntivi esternalizzati ai privati, rimuovendo, per esempio, il duopolio nella gestione dei bookshop dei musei. Promuovere un sistema di qualità dei servizi e l’adozione di marchi di qualità per la gestione dei servizi museali, incentivando il sistema delle licenze dei marchi e delle immagini che riproducono i beni culturali, dal pubblico al privato, in modo da remunerare parte delle attività di conservazione e digitalizzazione dei patrimoni culturali pubblici;
16) promuovere nell’ambito del “made in Italy” marchi collettivi per il settore culturale che certifichino la qualità dei prodotti culturali e creativi del Paese, nell’ambito delle politiche di promozione della diversità culturale;
17) avviare processi di sviluppo economico locale nel campo del turismo culturale;
18) creare modelli e incentivi capaci di indurre i privati a svolgere azioni di effettiva pubblica responsabilità verso il patrimonio culturale, che non si limitino alla deducibilità fiscale delle somme investite in attività di promozione e valorizzazione dei beni culturali;
19) riformare il mercato del lavoro del settore culturale e promuovere l’assunzione di competenze specializzate presenti sul territorio nella filiera dei media, delle arti e dello spettacolo, attirando personale qualificato e competente e contro il precariato e l’economia dell’autoimpiego diffuso;
20) razionalizzare e adottare criteri di qualità sui finanziamenti. Stroncare l’elargizione di fondi a pioggia e la proliferazione di enti di natura pubblico-privata intesi ad attrarre fondi pubblici, a prescindere dalla validità dei progetti culturali sostenuti;
21) elaborare un vero piano strategico nazionale che individui le priorità di intervento nel restauro, nella realizzazione di infrastrutture per l’accesso ai siti e ai luoghi della cultura sulle quali far convergere la parte più significativa dei fondi pubblici e/o privati.
E questo dovrebbe essere solo l’inizio ….
Negli ultimi dodici mesi si è spesso ripetuto che un Paese senza cultura è un paese senza futuro. Non solo: un paese senza cultura è un paese senza identità, senza orgoglio, senza radici e senza consapevolezza di sé e del proprio valore.